The Matrix Resurrections

Lana Wachowski si scaglia contro l'attuale sistema hollywoodiano e trasforma Matrix in una storia d'amore ma il suo reboot/sequel sostanzialmente non funziona.

di EMILIANO BAGLIO 09/01/2022 ARTE E SPETTACOLO
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“Certo capirai perché la nostra amata casa madre, la Warner Bros., ha deciso di fare un sequel della trilogia. E lo faranno con o senza di noi. E rescinderanno il contratto con noi, se non collaboriamo.”

 

Queste poche battute di The Matrix Resurrections sono tra le più utili per comprendere il senso di questo reboot/sequel della saga.

C’era bisogno di un nuovo capitolo delle avventure di Neo? La trilogia originaria non aveva già detto tutto quello che c’era da dire?
La risposta, probabilmente, sta proprio nel dialogo sopra riportato.

Lana Wachowski si deve essere detta; se il film sarà comunque fatto tanto vale che lo diriga io.

The Matrix Resurrections si presenta dunque come un’opera meta cinematografica per eccellenza e al tempo stesso come una dichiarazione d’intenti, politica e polemica, nei confronti dell’attuale industria cinematografica, chiusa alle nuove idee ed intenta a sfruttare al massimo le saghe del passato.

La trilogia di Matrix nel nuovo capitolo diventa il gioco creato da Thomas Anderson/Neo (Keanu Reeves) basato proprio sulle sue precedenti esperienze delle quali il nostro ha una vaga memoria ma non coscienza.

Questo permette a Lana Wachowski di giocare con il suo stesso materiale.

Vengono riproposte intere sequenze delle precedenti pellicole e tornano le ambientazioni più iconiche.

Soprattutto si fa molta (auto)ironia a partire dall’effetto bullet time che diviene, sarcasticamente, il fulcro stesso dell’intera trilogia.

Tornano, ovviamente, anche i vecchi personaggi, magari con alcune significative differenze che ne cambiano il carattere a cominciare dal nuovo Morpheus (Yahya Abdul-Mateen) che sembra quasi una continua presa in giro rispetto alla seriosità del precedente.

In tutto questo non mancano gli strali nei confronti dell’industria hollywoodiana messi in bocca ai vari personaggi e l’impressione è che la cancellazione anticipata di Sense8 sia ancora una ferita aperta per le sorelle Wachowski.

 Tuttavia, l’aspetto polemico/politico non è l’unico presente nel film.

Ci sono almeno altre due tematiche fondamentali.

La prima è la perdita dei propri genitori da parte della regista; come confermato più volte dalla stessa Lana Wachowski, riportare in vita Neo e Trinity (Carrie-Anne Moss) ha rappresentato la sua personale terapia di elaborazione del lutto.

L’altro grande tema è quello che, in un certo senso, rovescia la saga originaria dandogli un nuovo significato.

Stavolta il fulcro di tutto è l’amore tra Neo e Trinity.

Senza la donna amata accanto l’eletto diventa un uomo incompleto, privo addirittura dei poteri che sviluppava nei precedenti capitoli, incapace di cambiare la realtà rappresentata da Matrix.

Solo insieme Neo e Trinity potranno prendere il controllo di Matrix e disegnare gli arcobaleni nel cielo.

Resta da vedere però, se al di là delle possibili letture, The Matrix Resurrections funzioni oppure no.

Da parte nostra, purtroppo, il responso è assolutamente negativo.

Va bene il gioco meta cinematografico ma, diciamocelo francamente, The Matrix Resurrections ha come al solito una trama di difficile comprensione, piena di inutili “spiegoni”, con personaggi nuovi e vecchi buttati a caso e dalla psicologia tagliata con l’accetta.

Se la scrittura è il punto più debole dell’intera faccenda, anche il lato action non aiuta.

Ovviamente il mestiere si vede ed è quello che salva l’intero film ma, onestamente, The Matrix Resurrections non decolla mai, neanche nelle scene d’azione più concitate.

Il film ha le stesse caratteristiche del suo protagonista, un Neo imbolsito, lento, che si affida tutto il tempo ad un unico potere (creare una sorta di scudo protettivo), interpretato da un Keanu Reeves monoespressivo.

Senza contare l’impressione, che si ha più volte, che l’intento satirico abbia preso un po’ la mano dando vita a sequenze francamente imbarazzanti.

Speriamo solo che la Warner Bros. non abbia intenzione di proseguire, magari senza le Wachowski.

Quello sì che sarebbe terribile.

EMILIANO BAGLIO


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